I fondamenti neotestamentari della Domenica
Premesse
Il titolo della mia conferenza riprende la celebre frase pronunciata da uno dei 49 martiri di Abitina (odierna Tunisia), che aveva ospitato in casa sua quanti si erano ribellati al decreto dell’imperatore Diocleziano che proibiva la pratica del culto cristiano. Prima di essere giustiziato nel 304, interrogato sulla motivazione per la quale aveva disatteso l’editto imperiale, dichiarò: “Sine Dominico non possumus”, cioè “Non possiamo vivere senza la celebrazione domenicale”.
È l’epoca di un cristianesimo eroico, vissuto con coraggio e, perché no, sfrontatezza da parte di chi sfidava le autorità imperiali che tendevano a sopprimere il movimento cristiano e non temeva di mettere a repentaglio la propria vita per sostenere la causa del vangelo. Non era un cristianesimo di massa, come invece andrà a configurarsi a partire dagli editti di Costantino (313), che consentiva la libertà di praticare il culto, e di Teodosio (380), che lo riconosceva come religione ufficiale dell’Impero.
Si passa così da una comunità definita da Gesù come “piccolo gregge” che non ha nulla da temere perché Dio vigila su di esso (Lc 12,32-34), paragonata al “lievito che deve fermentare la pasta” (Mt 13,33; Lc 13,20-21), ad una realtà che si dota di una struttura interna gerarchica, con una disciplina rigida basata su dogmi e norme che tendono a regolare il vissuto dei singoli credenti in tutti i suoi aspetti, e si mostra poco tollerante verso le altre forme di religiosità.
Il tempo attuale, invece, è contrassegnato da una variegata situazione ecclesiale che si diversifica a seconda delle aree geografiche e culturali; difatti, mentre in Africa, soprattutto subsahariana, e in alcune zone dell’Asia e dell’America meridionale, il numero dei battezzati è in costante crescita, in Europa e in America settentrionale si registra un lento decremento del movimento cristiano e un calo notevole di battezzandi e di partecipanti ai riti.
Prima di soffermarmi a enucleare i fondamenti neotestamentari del Dies Domini, credo sia necessario delineare alcune questioni che ci consentano di prendere coscienza del contesto attuale che stiamo vivendo.
1. Crisi di numeri o di fede?
Il termine “crisi” è il più utilizzato per descrivere la situazione presente in ambito economico, politico, culturale e, nondimeno, religioso. Per molti osservatori, anche la Chiesa sta attraversando un periodo critico, legato soprattutto all’assenza dei credenti alla vita della comunità e, in particolare, all’eucaristia.
Si può parlare di “assenza”, per esprimere un’evidenza fattuale: stando alle stime indicate in un recente contributo del sociologo Franco Garelli, chi partecipa ad un rito religioso almeno una volta alla settimana (per i cattolici la messa alla domenica) è poco più del 18% della popolazione; per contro, sono assai più numerosi quanti in quell’anno non hanno mai frequentato un luogo di culto (31%), se non per eventi particolari, come i riti religiosi di passaggio (battesimi, matrimoni, funerali). Messi insieme, i «praticanti assidui» e i «mai praticanti» ammontano al 50% degli italiani, il che significa che l’altra metà della popolazione rientra in quel vasto gruppo di persone che frequenta un luogo di culto in modo discontinuo (circa una volta al mese o più volte l’anno) o occasionale (una tantum), magari nelle grandi festività.
Il dato del 2022 relativo alla frequenza settimanale ad un rito religioso comunitario è il più basso che si riscontra nella storia recente del nostro Paese. Negli ultimi vent’anni (dal 2001 al 2022) il numero dei «praticanti regolari» si è quasi dimezzato (passando dal 36% al 19%), mentre i «mai praticanti» sono di fatto raddoppiati (dal 16% al 31%).
Al di là dei riscontri statistici, più che parlare di crisi numerica o di fede, ritengo sia più corretto parlare di “crisi dei credenti” dovuta a plurimi fattori, che provo così a elencare in maniera sintetica: a) il dogmatismo del passato ha impedito la formazione di coscienze rette e menti pensanti; b) l’attuale relativismo ha creato un effetto destabilizzante nei credenti, sempre più disorientati e in affanno alla ricerca di un quadro valoriale entro cui valutare le proprie scelte; 3) la densità orizzontale del tempo – tutti concentrati sul presente per godere del “qui e ora” – ha smorzato la tensione del credente verso il futuro e la vita eterna.
2. Liquidità delle relazioni e crisi della comunità
L’eucaristia non può prescindere dalla sua dimensione comunitaria. L’idea che a messa si partecipi come singoli individui è perniciosa e tradisce uno dei fini eucaristici: non solo riconciliare l’uomo con Dio per mezzo del sangue di Cristo, ma anche realizzare una comunità fraterna, che “per Cristo, con Cristo e in Cristo”, eleva la sua lode nella comunione dello Spirito Santo e celebra la sua gratitudine al Padre per il dono della salvezza.
Nell’era dei social media basta un click per avere tanti amici e per trovare o cambiare partner. Le relazioni spesso nascono con un messaggio e con un altro messaggio finiscono. Se una finestra non funziona se ne apre un’altra. I nostri sono i tempi delle relazioni liquide, dell’assenza di impegno e responsabilità, tempi in cui i bisogni naturali sono coperti da bisogni effimeri. Sono i tempi delle luci delle schermate digitali, dietro cui si celano vissuti di paura, solitudine e vuoto.
L’uso dei social, che in una certa misura semplifica l’azione e la comunicazione con il mondo esterno, può sfociare, all’estremo, in una disattivazione delle risorse interne, in stati di passività e isolamento.
È stato il sociologo Zygmunt Bauman ad elaborare il concetto di “società liquida”. Una società che prende forma su di un individualismo sfrenato e sul venir meno dei valori della comunità. Si tratta di una modernità fragile, che si regge sugli appigli dell’immagine, dell’apparire a tutti i costi e del consumismo. Ma mancando punti di riferimento e basi affettive solide, tutto è destinato a dissolversi in fretta. Il consumismo stesso non mira all’appagamento attraverso il possesso di oggetti di desiderio, che diventano in poco tempo obsoleti, quanto piuttosto al passaggio senza scopo da un oggetto all’altro. Utilizzando le parole di Bauman: “Quando manca la qualità, si cerca rifugio nella quantità. Quando non c’è niente che duri, è la rapidità del cambiamento che può redimerti”.
In una recente intervista, il vescovo di Mantova, Gianmarco Busca, presidente della Commissione episcopale CEI per la liturgia, pone un interessante quesito: “Dovremmo chiederci: chi si è allontanato da chi? È la gente che si è allontanata dalla Chiesa o da determinate ritualità; oppure è la Chiesa che si è allontanata dalle persone perdendo in parte la sua capacità di incontro nel nome del Vangelo? Comunque, spesso siamo di fronte a comunità con legami fragili, con appartenenze deboli e talvolta anche con uno stile di fraternità a velocità variabile”.
In un Convegno tenutosi lo scorso anno a Verona (2023), è emerso che le celebrazioni eucaristiche denotano una qualità celebrativa un po’ deludente; si evidenzia, inoltre, un anonimato delle liturgie che non può essere trascurato. Si chiede maggiore attenzione da parte di chi presiede e delle assemblee. Oppure di superare una gestione clericale dei riti. Inoltre viene sottolineato un divario fra liturgia e vita che balza agli occhi soprattutto nell’omelia: in molti hanno manifestato il proprio malessere di fronte a riflessioni che non hanno una lingua materna e non riescono a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda spirituale che si irradia nelle nostre città.
Il sociologo Luca Diotallevi ha così intitolato una sua recente pubblicazione sull’argomento: La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia tra il 1993 e il 2019. Tra i dati più significativi evidenziati nella sua ricerca emerge che dal 2005 in poi «chi abbandona la pratica “regolare” approda piuttosto rapidamente alla condizione di “non praticante” dopo essere transitato più o meno velocemente per lo stadio intermedio della pratica saltuaria».
3. La messe è molta, ma pochi sono gli operai…
Un ultimo dato, non meno significativo, concerne la sensibile riduzione del clero. Stiamo assistendo ad un calo netto dei seminaristi italiani che arrivano al sacerdozio. Nel 2013 sono stati ordinati 436 nuovi preti, ma a distanza di dieci anni il numero è sceso di 113 unità: nel 2023 i “novelli presbiteri” sono stati 323. Dal 2018 in poi il numero è sempre stato inferiore ai 400, cifra non sarà superata nemmeno quest’anno: nei primi sei mesi del 2024, le ordinazioni sono state 121. Nel 1990 i preti diocesani in Italia erano 38.000, senza contare i sacerdoti appartenenti a ordini e congregazioni religiose. Trent’anni dopo, nel 2020, il loro numero era sceso a 31.800. In tre decenni, il corpo sacerdotale si è quindi ridotto del 16% circa, mentre sono aumentati i preti stranieri: da 204 a più di 2.600.
Non è possibile in questa sede sintetizzare gli esiti delle ricerche e dei dibattiti ancora in corso sulla questione relativa alla crisi delle vocazioni; provo ugualmente a sottoporre alla vostra attenzione tre aspetti interconnessi tra di loro: a) il discernimento dei carismi e la vocazione battesimale; b) la crisi delle comunità parrocchiali; c) la difficoltà di decidere e di vivere in maniera responsabile. Nelle nostre chiese si dedica ampio spazio alla trasmissione dei contenuti della fede in vista della ricezione dei sacramenti, mentre poca attenzione è concessa all’apprendimento dell’arte del discernimento, che consenta a ciascun battezzato di comprendere il disegno che Dio ha sulla sua vita. In tal senso, le comunità parrocchiali non possono e non devono limitarsi a erogare servizi di culto, privando i battezzati della necessità dell’accompagnamento in vista delle scelte più significative in ordine allo stato di vita.
Fondamenti neotestamentari
1) Il primo giorno dopo il sabato: il sepolcro vuoto
1Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro 3e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. 5Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea 7e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno””. 8Ed esse si ricordarono delle sue parole 9e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli (Lc 24,1-10).
2) Riposo e risurrezione: compimento della creazione e dell’esodo
14Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse loro: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio”. 17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e fatelo passare tra voi, 18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio”. 19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. 20E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi” (Lc 22,14-20).
⇒ 1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. 4aQueste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati (Gen 2,1-4a).
⇒ Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne (Es 12,14).
3) Risurrezione e missione
Il mandato missionario del Risorto ai discepoli | |||
Mc 16,15-18 | Mt 28,18-20 | Lc 24,44-49 | Gv 20,19-23 |
15E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. | 18Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate, dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. | 44Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. | 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. |
4) La Chiesa persevera nella prassi della cena eucaristica
42Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (At 2,42-47).