Scrivo a te, dott. Raffaele Sainato, uomo della Locride chiamato a rendere un
servizio alla Regione Calabria nella veste di neo-segretario della commissione
regionale della sanità, presidente della Commissione Riforme della regione Calabria.
Incarichi che fanno ben sperare nel tuo impegno per una migliore organizzazione
della sanità in questo territorio ed una maggiore vigilanza ed attenzione verso
l’ospedale della Locride. All’inizio di questo nuovo percorso ti auguro – a nome della
Comunità diocesana – di operare con tutto l’impegno, il disinteresse e la saggezza di
cui disponi. Ti considero un politico, non solo preparato, ma anche attento alle
problematiche che affliggono il nostro territorio, che sono, oltre alla sanità,
l’ambiente, le politiche giovanili, i settori produttivi, il lavoro, la cultura, ecc.
Scrivo a te, sperando che riuscirai a creare sinergie con gli altri consiglieri
regionali, in modo che nelle aule regionali si operi con più passione e attenzione di
fronte ai tanti problemi della nostra terra. Qui desidero richiamare la drammatica
situazione dell’ospedale della Locride, a te comunque nota. Lo faccio non con
l’intento di entrare in questioni estranee al mio compito, ma a nome dei tanti malati
che sto incontrando nel corso della mia visita pastorale rivolta al mondo della
sofferenza. Raccolgo quotidianamente il grido di aiuto di tanti di loro che vengono
assistiti in casa da parenti e badanti per lo più di nazionalità straniera, che
amorevolmente se ne prendono cura e li assistono giorno e notte.
Dott. Sainato, ti scrivo da semplice cittadino che sa di dover ricorrere prima o
poi alle cure mediche ed ai servizi ospedalieri. Dalla parte del malato si ha un’idea
diversa del mondo della politica e della sanità. Si guarda all’essenziale, alla vita che
s’indebolisce, alla solitudine che ci si crea attorno e all’inutilità delle promesse. Si
chiede la concretezza di un “bicchiere d’acqua fresca”, di una prestazione medica
senza dover attendere mesi se non anni, la certezza di trovare ascolto ed accoglienza
nei luoghi di cura, gesti di vicinanza e di attenzione da parte dell’operatore sanitario.
Dalla prospettiva del malato, la gente spera in un sistema sanitario pubblico
funzionale e non accetta che la pubblica sanità possa essere subordinata ad interessi
privati o a speculazione di altro genere. Qualunque profitto personale ricercato
attraverso le risorse destinate ad essa è gravemente immorale.
I problemi grandi che si fanno rilevare da parte dell’utenza sanitaria sono
veramente tanti. A cominciare dal laboratorio d’analisi. Se fosse stato possibile
processare i tamponi presso il nostro laboratorio, nello spazio di qualche ora sarebbe
stata data una risposta più puntuale, che avrebbe consentito all’utenza di effettuare i
ricoveri, il trasporto verso altri presidi ospedalieri, l’accesso per interventi chirurgici
ecc. Nell’immediato, occorrono parecchi giorni (da tre ai sei) e l’utenza viene
parcheggiata in astanteria in attesa del risultato che, prima o poi, giungerà da Reggio.
Per non dire degli interventi chirurgici: gli interventi oculisti, urologici, ortopedici e
chirurgici vengono effettuati solo dopo l’esito dei tamponi o rimandati sempre per
mancanza dell’esito: ciò rende estenuante il rapporto tra paziente e medico.
Sono tanti i cittadini che lamentano le difficoltà delle visite ambulatoriali
specialistiche. Gli ambulatori non sono aperti o vengono riaperti a rilento sempre per
mancanze dell’esito dei tamponi o perché ancora non sono state avviate le procedure
di sicurezza (distanze da rispettare, sanificazione dei locali, segnaletica per invitare
l’uso delle mascherine o la disinfezione delle mani). L’ufficio prenotazione resta
ancora chiuso!
C’è chi fa presente che non si effettuano e non verranno effettuate più le
mammografie, un fatto inaudito, poiché è l’indagine diagnostica per eccellenza per
individuare i tumori al seno.
Ed a seguire è da rimarcare la grave mancanza di personale, di cui da anni si
parla. Ma le esigenze di bilancio e gli aspetti economici hanno sempre prevalenza.
Come se coronavirus non avesse insegnato nulla. Il personale afferente a tutti i reparti
è sotto organico (su dieci medici previsti in pianta organica ne sono presenti cinque).
Il personale medico, infermieristico e gli OSS sono stati messi a dura prova
dall’esperienza COVID 19, hanno diritto a turni di riposo, alle ferie spettanti ed al
recupero di ore in eccesso per motivi di servizio. Tutto questo oggi non è possibile e
crea tensione fra gli operatori e pazienti (in radiologia al momento c’è un solo
medico: e se si dovesse ammalare?). Occorre certamente pensare alle condizioni del
personale sanitario, che deve poter operare in tranquillità e sicurezza. In ospedale si
può accedere in qualsiasi ora del giorno e della notte, le vie di accesso sono infinite, e
questo è un grave problema per la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari.
Manca un servizio di vigilanza quanto mai necessario.
Dulcis in fundo, il Pronto Soccorso. E qui siamo nel girone dell’inferno!
Pazienti posteggiati per otto – dieci ore, dalla sera al mattino, per essere visitati;
ambienti poco accoglienti e dignitosi, arredamenti vetusti, molti aspettano fuori sulle
panchine il loro turno. Eppure il Pronto Soccorso è il biglietto da visita di un
Ospedale ed il nostro non è certo uno dei migliori. Si spera e si auspica che con una
nuova dirigenza ci possano essere miglioramenti.
L’elisoccorso ha tutti i requisiti e le autorizzazioni necessarie (ENAC,
regionali, VVFF ecc.) per effettuare anche i voli notturni (in atto sono garantiti quelli
diurni), questo permetterebbe in casi urgenti e fuori Regione di poter trasportare il
paziente (in mezz’ora da Locri a Bari per esempio) in tempi brevi eppure per questa
Azienda non è un argomento prioritario.
Sul piano logistico diventano problema anche gli ascensori. I cittadini non
chiedono l’oro quando invocano il corretto funzionamento degli ascensori (la
medicina è al IV piano, la cardiologia al V piano). Ogni operatore tecnico-sanitario
assuma le proprie responsabilità. Per amore verso sé stessi e verso la propria terra!
Quanto all’Ortopedia è stata deliberata la chiusura. Un bacino di utenza di
140.000 abitanti può essere dirottato per queste esigenze su Polistena o Reggio?
Questo tempo di emergenza per la pandemia causata dal covid-19, che ha
suscitato tanta attenzione sul mondo della sanità, si spera diventi l’occasione per
risanarne le disfunzioni. Tutti si aspettano che presto si passi dall’emergenza e dal
commissariamento alla normalità nell’organizzazione della sanità. L’ammalato non
può aspettare! Non si chiede l’impossibile, ma che si dia una risposta immediata a
quanti hanno bisogno di essere curati. Questo è possibile facendo funzionare la
struttura ospedaliera, garantendo quei servizi essenziali che nelle strutture sanitarie
private (non a tutti accessibili) di solito vengono erogati con puntualità e competenza
(spesso da parte di sanitari che hanno già operato nella struttura pubblica!). Non è
possibile che, nonostante i disservizi ed il mancato raggiungimento dei livelli minimi
di assistenza, si debba subire anche l’aumento delle tasse con una maggiorazione
dell’aliquota fiscale. Al danno la beffa!
La cosa che più addolora è che le disfunzioni della sanità sono a tutti note.
Passano i giorni, i mesi e gli anni, se ne parla sulla stampa. Ma nessuno muove
foglia! C’è chi sottolinea l’inerzia da parte di chi ha responsabilità nella gestione e
chi sottolinea che ci siano interessi a non far funzionare la pubblica sanità. Ma chi
può avere di tali interessi? E’ possibile che il coronavirus non ci abbia insegnato
nulla?
Il mio non vuole essere un “cahiers de doléances”, ma una semplice nota di
riflessione perché ti possa rendere interprete del sentire comune ed operare di
conseguenza. Sarei grato se aveste la bontà di consegnarla e discuterla anche con
l’onorevole Presidente J. Santelli.
Il malfunzionamento della sanità pubblica è offesa alla dignità di ogni cittadino
e soprattutto dei più poveri ed indigenti, cui viene negata l’unica possibilità di cura.
E tu, onorevole Sainato, puoi smuovere le acque stagnanti. Basterebbe questo.
Non è giusto, non è umano rendere più triste e disagiata la vita di chi già soffre tanto.
Con questo mio scritto intendo semplicemente manifestarti un grave diffuso
disagio e nello stesso tempo formularti l’augurio di offrire il meglio di te per questa
nobile causa.
Francesco OLIVA, vescovo di Locri-Gerace