Locri, dalla Sede vescovile, addì 1 aprile 2020
Carissimi Sacerdoti,
cari Diaconi,
a tutti voi la gioia di esprimervi il mio saluto affettuoso in questa difficile ora, in cui ci troviamo a vivere un’esperienza di vita sacerdotale che mai avremmo immaginato con questi sviluppi. Ero nel pieno della visita pastorale nella Vicaria Sud, quando le circostanze emergenziali dettate dal contagio del coronavirus m’inducevano a interromperla. Lo stesso accadeva per tutte le altre attività pastorali: dalle attività di catechesi e di oratorio a quelle liturgico-sacramentali. È uno “tsunami” della nostra programmazione pastorale: dalla pastorale attiva e partecipata a quella domestica e contemplativa. Un improvviso passaggio ad una pastorale del silenzio, della meditazione e dell’ascolto della Parola, del recupero della dimensione orante della vita, che nel tran tran della quotidianità, era talvolta sacrificata. Siamo stati costretti a reinventare le nostre giornate, il nostro modo di vivere, segregati in casa, spinti a fermare una vita frenetica ed a guardarci in profondità. Giorni abitati da paure, in un deserto di relazioni, rese più “deboli”, ove il rapporto col popolo è diventato sempre più “virtuale”.
Tuttavia il nostro ministero pastorale non è stato del tutto interrotto. Le porte delle nostre chiese sono rimaste aperte: chi, passando, intende entrare e rivolgere al Signor la sua preghiera personale, lo può fare. La porta della Caritas (parrocchiale e diocesana) non s’è mai chiusa. La nuova situazione ci sollecita ad inventare nuove forme di interventi caritativi, per venire incontro al grido dei poveri. Sto apprezzando l’entusiasmo e la generosità di molti di voi sacerdoti, che state creando attorno a voi reti di solidarietà. Molte parrocchie lodevolmente hanno riattivato il servizio distribuzione alimenti che in questo frangente è particolarmente richiesto. Grazie a voi parroci per i sacrifici ed il surplus di impegno che ci state mettendo. Vedo in tanti un ritrovato fervore, che, pur fra tante difficoltà, sta sollecitando una riorganizzazione del volontariato della carità, anche in collaborazione con i servizi sociali comunali. Un grazie speciale alla Caritas diocesana ed al suo Direttore, che, grazie alla collaborazione spontanea di alcuni volontari, è riuscita ad assicurare alcuni servizi essenziali, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e a tutela dal contagio coronavirus stabilite dagli organi di governo. L’intento è rispondere in modo sinergico ai nuovi bisogni della comunità. Tanti altri ‘nuovi’ poveri bussano alle nostre Caritas. Date loro attenzione. Il pane è per tutti: sappiatelo moltiplicare equamente cominciando dagli ultimi. Sì, ogni servizio va svolto con la prudenza necessaria, per tutelarsi e tutelare dal pericolo del contagio coronavirus nel rispetto delle ordinanze governative. Non possiamo, proprio noi sacerdoti, ritirarci nel momento di maggiore bisogno.
Sento di ringraziare ciascuno di voi per quanto state facendo nell’assicurare al nostro popolo, non solo la vicinanza spirituale, ma anche quella fisica, che vale più di tante prediche. Ho cercato di ascoltare ciascuno di voi tramite il cellulare e ringrazio quanti attraverso questo strumento, superando inutili polemiche, mantengono rapporti fraterni e restano in costante contatto.
È Pasqua, il cuore dell’anno liturgico, l’evento della nostra salvezza, che la tradizione delle nostre comunità ha sempre celebrato con la solennità e ricchezza dei suoi riti. Una celebrazione molto attesa dal popolo fedele, ma spesso compromessa dall’esteriorità e rumore di tante rappresentazioni popolari. Per molti fedeli la mancanza delle tradizioni popolari ridimensionerà l’interesse e la partecipazione all’evento pasquale. Se la mancanza dei riti tradizionali dovesse far perdere il senso e l’attesa della Pasqua avremmo tanto da riflettere. Sarà comunque un bel banco di prova, anzi la cartina di tornasole della nostra azione pastorale.
Come vivere la pasqua nella novità del momento presente?
Restando fedeli al suo messaggio di resurrezione, di vita e di speranza: “In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi” (Papa Francesco). La Chiesa continua a dirci che è Pasqua anche quest’anno. Che può essere vissuta nella gioia e nella speranza. Nonostante l’inedita situazione, possiamo vivere una pasqua diversa, ma vera, unica ma rinnovatrice, vera sorgente di vita e risurrezione, capace di dare vitalità e fecondità spirituale a ciascuno di noi ed alle nostre comunità.A me ed a Voi chiedo di mantenere uno stile sobrio, discreto e sereno, profondamente radicato in Cristo, senza andare alla ricerca di chissà quale ricetta spirituale. Viviamo nel segno del chicco di grano che cade in terra e muore per portare frutto(cfr.Gv 12,20-33). Con questa immagine usata da Gesù per parlare del suo esodo pasquale, vedo come opportunità di grazia le celebrazioni “a distanza”, magari teletrasmesse in diretta, nel silenzio delle nostre chiese, sapendo comunque di poter cantare l’exultetpasquale, che annuncia nell’intimità delle case e delle famiglie la pace invocata e desiderata. Come sacerdoti in questo tempo di difficoltà viviamo comunque la Pasqua del Signore, sentendoci profondamente uniti alle nostre comunità. Anche se la presenza fisica è limitatissima, è tutto il Corpo di Cristo che vive e celebra con noi. La nostra non sarà una celebrazione privata, come non lo era quella che avveniva in passato nelle famiglie: sarà vera attualizzazione del mistero salvifico con effetti salutari su tutto il Corpo ecclesiale. Presenteremo all’altare del Signore le sofferenze del nostro popolo, la paura e l’angoscia degli anziani e di quanti sono malati di Covid-19, la trepidazione delle famiglie di fronte ad un futuro incerto, la sofferenza dei fratelli e sorelle con gravi disabilità, la povertà di quanti hanno perso il lavoro, la solitudine dei carcerati, il rischio di scoraggiamento dei giovani e dei ragazzi che più di tutti soffrono l’isolamento, la fatica del personale medico ed infermieristico che opera nelle corsie degli ospedali, l’agitazione di chi è chiamato ad assicurare i servizi essenziali perché la vita sociale possa continuare, la preoccupazione di chi è chiamato a governarci, della Protezione civile, delle forze dell’ordine e di quanti sono impegnati nell’assicurare assistenza, cura, vigilanza e rispetto delle regole essenziali della vita civile, il timore di chi ha la propria attività imprenditoriale ferma e non sa come e quando riprenderà. Tutto questo presenteremo all’altare del Signore il giorno della Pasqua. E Lui, il Signore Risorto, ci rialzerà, in Lui risorto tutta la vita risorge.
La nostra società attende con trepidazione che questa Pasqua possa segnare l’atteso passaggio dalla morte alla vita, dall’angoscia alla gioia di una vita che rinasce. Ripartire dalla Pasqua è il sogno di tutti noi. Ripartire dall’incontro col Risorto. Attuale è l’invito chePapa Francesco rivolge nell’ Evangelii Gaudium, ad «ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché “nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”» (n. 3).
L’incontro col Risorto rinnova la vita, fa rinascere. La nostra società in questo momento ha bisogno di rinascere ad una vita nuova, sana, solidale, inclusiva, liberata dalla paura del coronavirus. La Pasqua è sempre un evento di liberazione. Il santo vescovo don Tonino Bello parlava della Pasqua come festa di liberazione dai macigni che ci opprimono: “Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte” (+ don Tonino Bello). Sono questi i “macigni” che ostacolano anche il nostro cammino. Riflettiamo e facciamo in modo che ogni piccolo passo, ogni esperienza possa orientare la nostra vita in senso pasquale. Non è il caso di scandalizzarsi se talvolta emergono attriti e incomprensioni anche nel nostro presbiterio. Mi preoccupa di più l’immobilismo, il restare sui propri passi, il chiudersi nel proprio guscio, pronti solo a giudicare e mormorare senza il coraggio di entrare in sé stessi e di guardarsi dentro. C’è il “macigno” della rassegnazione, della mancanza di creatività, del soggettivismo, che ostacola il nostro cammino. Come il voler fare da sé, prescindendo dal cammino comune, e da quell’unità sacramentale che non può essere negata, se non si vuole perdere la propria identità sacerdotale e quella condivisione spirituale, che ci fanno sentire “unpopolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (LG 4).
Vi ho da poco consegnato gli Orientamenti per la settimana santa. Avrete notato la proposta di un comune orario “diocesano” delle celebrazioni, che va oltre quello “parrocchiale”. Considerando l’impossibilità di avervi la partecipazione della comunità, mi è parso significativo suggerire un orientamento diocesano, ritrovandoci tutti a celebrare nello stesso orario, seppure in luoghi diversi. Questo per vivere attraverso la liturgia un momento forte di unità ecclesiale. Evitando ogni sovrapposizione di orario, è dato al fedele che lo desidera di seguire in diretta tv o in streaming sia le celebrazioni presiedute dal vescovo che quelle del Santo Padre, vera e sicura guida della Chiesa universale, centro di unità nella carità. È un modo, per sentirci uniti nell’appartenenza all’Unico Popolo di Dio, radicato in questo territorio della Locride.
Lo Spirito del Risorto ci aiuti a rompere ogni muro di isolamento e farci ripartire con l’entusiasmo dei due discepoli di Emmaus, per vivere il Vangelo con rinnovato entusiasmo in questi giorni di privazione, di desolazione e tristezza. Anche noi come il discepolo che Gesù amava, che, sulle rive del mare di Tiberiade, riconobbe il Risorto dalla pesca abbondante, vogliamo vedere Gesù presente in questa triste situazione. Vogliamo poter esplodere la nostra gioia: è il Signore Risorto!
Ed allora, pur nella diversità delle situazioni e modalità celebrative, è ancora Pasqua per noi, per la nostra chiesa, per le nostre famiglie e per la nostra terra!
Diffondiamo il profumo di Cristo Risorto nella solitudine, nella miseria, nel dolore di tanti fratelli, ribaltando il macigno della paura che ci paralizza.
Con questi comuni sentimenti auguro a me e a tutti Voi, presbiteri e diaconi, un’esperienza pasquale rinnovatrice.
Buona Pasqua!
XFrancesco Oliva