Omelia della I domenica di Avvento-Santuario di N. S. dello Scoglio

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I DOMENICA DI AVVENTO /Aa

30 novembre 2019

L’Avvento è tempo per prepararci alla visita del Signore, che squarcia i cieli ed  entra nella nostra storia. Lo iniziamo in questo Santuario mariano di N.S. Scoglio, meta di pellegrinaggio per tanti che qui portano le proprie sofferenze ed attese. Tanti qui incontrano il Signore col perdono e riconciliazione. 

L’Avvento è tempo di attesa di Dio che viene e passa accanto a noi. Un’attesa vigilante ed attiva, non passiva, inerte, trascorsa comodamente in poltrona. E’ il tempo del passaggio del Signore. Un’occasione unica, irripetibile. Se passa il Signore non possiamo distrarci, rischiando di non vederlo. Come dice sant’Agostino c’è da aver paura quando passa il Signore. Proprio perché ho paura che passa e io non me ne accorga. E’ chiara la parola del Signore: “Tenetevi pronti perché nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo” (Mt 24, 44). Quando il Signore passa, succede sempre qualcosa di sorprendente in noi, ci fa sentire qualcosa, ci consegna qualcosa che colma i vuoti del nostro modo di vivere, ci lascia qualcosa, ci libera di quanto ci è di peso. Non passa invano, senza lasciare traccia di sè. Ci offre sempre qualcosa di nuovo, ci sollecita verso mete di santità che stanno oltre, c’invita a rinnovarci profondamente, ci consegna una parola di consolazione, un’esortazione al cambiamento interiore. 

E’ quanto accade già oggi alla vigilia della I domenica di Avvento. La Parola ci ha consegnato una chiamata radicale: “Casa di Giacobbe, vieni”. Così Isaia nella prima lettura. “É ormai tempo di svegliarsi”, ci ammonisce san Paolo (seconda lettura). “Vegliate! … state pronti!”, raccomanda Gesù. Accogliere questi inviti ci aiuta a non cedere alla tentazione di chiuderci nelle nostre sicurezze, a non lasciarci abbattere dalla monotonia della vita quotidiana, dalle sue stanchezze, dai suoi fallimenti. 

La vita del cristiano è seguire il Signore, ascoltare cosa ci dice, vincere le distrazioni che ci allontanano da Lui, che ci fanno ripiegare sulle cose che passano. Nella preghiera possiamo ascoltare la voce del Signore, che ci dà la pace e ci assicura che ci è vicino. Dio c’invita oggi a vegliare, ad essere pronti a lasciare quanto ci distrae, a capire quello che dobbiamo fare, ad avere il coraggio di spogliarci di quanto c’impedisce di seguirlo. 

Ho pensato di riunire la comunità diocesana per dare inizio al nostro cammino di avvento e condividere l’inizio della mia prima visita pastorale. Ho pensato di farlo qui, in questo Santuario. Questo è un’oasi per quanti soffrono, un ospedale dove chi è malato trova la giusta medicina per l’anima ed il corpo. Qui il penitente trova ascolto e perdono. Qui l’ammalato riceve conforto e pace interiore. Ringrazio i sacerdoti che per ore ed ore ascoltano le confessioni. Invito quanti altri vorranno a condividere questo ministero, che manifesta la misericordia della Chiesa ed offre al peccatore pentito la possibilità di rialzarsi. Saluto e ringrazio fratel Cosimo, che da più di 50 anni si è fatto qui apostolo dell’ascolto, servo custode delle consolazioni del Signore, amico di quanti soffrono nel corpo e nell’animo. Questo luogo è benedetto dal Signore. Qui il Signore posa il suo sguardo compassionevole sui malati. Qui adempie la sua missione preannunciata da Isaia: ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie (cfr Is 53,4). Qui ci indica la missione della Chiesa, la nostra missione: essere sguardo attento verso chi soffre, santuario di speranza, annuncio di un lieto messaggio a chi soffre. Qui risuonano le parole di papa Francesco: “Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia”

La visita pastorale è un tempo utile per verificare se tutte le attività pastorali ed il cammino delle nostre associazioni, movimenti e gruppi, favoriscono l’incontro personale con Gesù, se alimentano l’amicizia con Lui nella misura alta della vita cristiana. Una domanda vorrei che interpellasse ciascuno di noi: Quanto tempo dedichiamo alla pastorale della carità? Cosa facciamo per promuovere la pedagogia della carità? Quante risorse di tempo e di denaro destiniamo ai poveri? Stiamo assecondando l’opera dello Spirito, che c’invita alla scelta preferenziale dei poveri? Abbiamo un’attenzione particolare per le famiglie ferite e le loro problematiche? Quanto la nostra testimonianza di vita cristiana incide nella situazione sociale e culturale, nell’accoglienza dei forestieri e nelle molteplici forme di povertà? 

Ritorniamo all’essenza della vita cristiana, che è carità e amore, accoglienza del Signore nel volto dei fratelli più poveri e fragili, e di quelli che vivono situazioni difficili a causa della malattia e della disabilità, la povertà di beni e soprattutto la mancanza di amore. Non dimentichiamo che nelle ferite dell’umanità si rivela in modo unico la gloria del Dio vivente. 

Fin dall’inizio di questo tempo di Avvento, vogliamo volgere lo sguardo sul Natale di Gesù, l’evento di gioia attraverso cui Dio ci manifesta la volontà di non lasciarci sopraffare dai nostri scoraggiamenti, dalle nostre sconfitte e tristezze. É a partire dalla venuta di Gesù in mezzo a noi che possiamo guardare al futuro senza paura e pensare in positivo la nostra vita. Proprio perché il Natale non ci fa sentire soli. Dio è venuto ad abitare il mezzo a noi. 

Impegniamoci a vivere l’Avvento come un tempo privilegiato per prestare attenzione alla Parola di Dio, accogliendo l’invito di Gesù: “Vigilate… tenetevi pronti!”. Vigilare su noi stessi,  sulle nostre azioni, sulle motivazioni che ci spingono ad agire. Facciamo nostro l’invito di Isaia “saliamo al monte del Signore”. Facciamolo  ponendo gesti concreti di speranza, di generosità, vincendo il pessimismo e l’aria pesante che tende ad impadronirsi di noi! Come ricordava ai giovani san Giovanni Paolo II: “Ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, a prendere decisioni a volte eroiche. Gesù è esigente perché vuole la nostra autentica felicità”. 

Con gioia auguro a tutti: buon Avvento. Maranathà, Vieni, Signore Gesù!