Come ogni anno il nostro vescovo Monsignor Francesco Oliva nel giorno della solennità del Santo Natale, celebra l’Eucarestia insieme ai detenuti della Casa Circondariale di Locri. Qui di seguito le Parole del Vescovo.
La nascita di Gesù è unica rispetto a tutte le altre nascite perché in Gesù noi riconosciamo il volto, il cuore, l’amore di Dio che ha preso forma umana. Gesù è il Dio che si fa uomo come noi dal punto di vista fisico, psicologico, sociale: pensa, ama, agisce, spera, soffre come ogni uomo. Egli viene a mostrarci l’amore che Dio ha per noi, per te, per me. Un amore vero, radicale, senza compromessi: è l’amore di colui che vuole veramente il bene dell’altro. Un amore che prende sul serio la nostra realtà umana, un amore che guarisce, che perdona, rialza, cura. Un amore che si fa vicino e restituisce dignità. Una dignità che possiamo aver perso in molti modi e per tanti motivi. Ma Gesù vuole restituire a tutti l’originaria dignità. Il Natale ci consegna un invito importante: “Riconosci, uomo la tua dignità”.
Venendo sulla terra terra, Gesù entra nella nostra vita, fa sua la nostra storia, non per lasciarla tale e quale ma per redimerla. Dal momento in cui Dio ha scelto di farsi uomo, è possibile incontrarlo, accoglierlo. Chi lo incontra non può restare imprigionato nel suo passato, ma diventa capace di guardare il presente in un altro modo, con una speranza in più. Puoi allora iniziare a guardare te stesso, la tua realtà con occhi diversi. Puoi uscire fuori da quello che è successo: sei in grado di rientrare in se stesso e di ritrovare la forza di ricominciare. Se sei rinchiuso in queste mura, se in qualche momento ti senti triste, fallito, abbattuto e frustrato, il Natale t’invita a riscoprire nel volto di quel Bambino il volto di un Dio vicino, che è stato condannato ingiustamente alla morte di croce, che ha preso su di sè il nostro dolore, le nostre ferite e ci ha salvati. La sua morte è perdono, riconciliazione e vita. Nel suo sguardo tutti possiamo ritrovare la risposta ai nostri fallimenti ed errori. E soprattutto possiamo ritrovare l’amore perduto, l’amore che salva, non quello che illude ed inganna. Possiamo affidare al Signore le nostre ferite, i nostri errori, i nostri peccati, le azioni sbagliate. Nelle piaghe di Gesù, trovano posto le nostre piaghe. Non dimentichiamo che tutti siamo piagati, in un modo o nell’altro. Mettiamo nelle mani del Signore le nostre ferite, perché siano guarite. Egli è venuto sulla terra per voi, per me, e vuole risollevarci e ridonarci vita e speranza.
Questa certezza spinge tutti voi in questo tempo di permanenza in questo luogo a lavorare su voi stessi, a riflettere sulla vostra vita, sugli errori commessi. Questa riflessione vi porterà a riscoprire la vostra dignità di figli di Dio, “figli nel Figlio”, una dignità che avete potuto macchiare, ma che non può essere tolta del tutto. La reclusione in questo luogo non è sinonimo di esclusione, perché fa parte di un processo di rinnovamento interiore, di rilancio e risveglio in vista del vostro reinserimento nella società. Se con certi comportamenti sbagliati siete incorsi in errore ed avete ferito la famiglia umana, se avete commesso dei torti verso i fratelli, è possibile rialzarsi e ripartire. Sappiate che ci sono cose buone che potete fare già ora. Vedo tanti di voi impegnati in progetti di recupero, realizzare lavori di grande valore. Penso alla realizzazione di quella bellissima maternità che mi avete mostrato pochi giorni fa, al progetto “falegnami di fede”.
Sappiate che Dio non vi ha mollato definitivamente, ma vi sta dietro e vi dice: coraggio, questo luogo non è una “città abbandonata”. Io sono con voi. Siate pronti a rialzarvi. Rompete definitivamente con gli errori del passato, mettete da parte l’arroganza e la prepotenza, rivestitevi di sentimenti di riconciliazione e di pace, guardate l’altro con uno sguardo nuovo. Sappiate che la vita buona in società dipende da ciascuno. La sofferenza e la privazione possono rendere il vostro cuore egoista e dar luogo a conflitti, a faide, ma c’è in tutti anche la capacità di trasformarle in occasione di fraternità.
Il Natale è un invito a non aver paura, a mettere da parte ogni forma di egoismo e di cattiveria, a ricuperare la gioia di vivere e la speranza di poter intraprendere cammini nuovi nel rispetto della vita e di quella degli altri. Il Natale è una festa che vuole portare a tutti la gioia, ricordando che Dio ha assunto la nostra condizione e ci ama. Per avere la gioia, superate, nel vostro cuore, forse arrabbiato per la carcerazione, ogni ragione di odiosità e rancore, mettete da parte lo scoraggiamento, e la tristezza. Non chiudetevi in voi stessi, rifiutando la speranza di una vita nuova. E’ vero, ci possono essere dentro di voi motivi per pensare che non c’è nulla da festeggiare quest’oggi, che ci sono persone care che oggi non festeggiano per colpa nostra, è vero che i giorni di festa sono i più brutti, ma Dio è nato in Gesù di Nazareth per dire all’uomo: Va e non peccare più, ti sono rimessi i peccati, la tua fede ti ha salvato. Non sono venuto per i sani, ma per i malati. Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati.
E allora sostiamo davanti al presepe, guardiamo quel bambino, accogliamolo nella nostra vita e Dio ci aiuterà a recuperare un pò di serenità. Fermatevi qualche momento in preghiera, soli a soli con Dio. Pensate alla vostra vita e accogliete l’invito del Signore a rialzarsi e continuare il cammino secondo le possibilità che oggi vi vengono offerte.
La preghiera può fare tanto, con la preghiera è possibile recuperare la fiducia nel prossimo, l’unica cosa che può farti sentire veramente amato.
Buon natale a tutti coloro che lavorano in questo luogo: ai dirigenti, agli agenti di Polizia penitenziaria, a tutto il personale. Voi fate un servizio delicato. Come dice papa Francesco, “avete un compito importante in questo processo di reinserimento. Il compito di rialzare e non di abbassare, di dare dignità e non di umiliare; di incoraggiare e non di affliggere. Un processo che chiede di abbandonare una logica di buoni e cattivi per passare a una logica centrata sull’aiutare la persona. E questa logica di aiuto alla persona migliorerà le condizioni per tutti. Poiché un processo vissuto così ci nobilita, ci incoraggia e ci rialza tutti” (Papa Francesco)
Faccio a tutti gli auguri più sinceri per queste feste natalizie, auguri di ripresa spirituale. E non dimentichiamoci che la famiglia in cui è nato Gesù non era una famiglia senza problemi. Era una famiglia povera, riconosciuta e accolta solo da poveri, costretta da subito ad emigrare in terra straniera.
E’ Natale anche per voi, se vi lasciate attrarre da quel Bambino.