Celebrata la messa di saluto a don Franco Labadessa, parroco della chiesa Cattedrale di Locri.
L’ omelia del Vescovo.
«Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». Il brano del Vangeloprende avvio dall’atteggiamento dei Sadducei, i quali negano la risurrezione dei morti. Il messaggio che viene dato è: il mondo futuro non è il prolungamento delle realtà presenti, la morte sarà vinta, coloro che risusciteranno avranno parte alla vita di Dio e non saranno più sottomessi alle leggi biologiche di questo mondo. Gesù presenta un argomento biblico sulla vita eterna: “Dio non è Dio dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”. Lo sarebbe se Abramo, Isacco e Giacobbe non vivessero più. Ma essi vivono e rendono gloria a Dio. Solo chi vive per Dio, vive davvero. Quello di oggi non è un invito a distogliere la nostra attenzione e il nostro impegno dal presente, in attesa della vita che verrà. Piuttosto, è un invito a caricare il presente di senso nuovo nella prospettiva della vita futura. Il credente non attende la risurrezione, ma vive da risorto. La fede nel Risorto, se la viviamo veramente e senza paure, è capace di trasfigurare la nostra storia.
Carissimi, vedere l’affetto che circonda i miei confratelli sacerdoti mi è di grande sollievo ed incoraggiamento.Accade di frequente che si parli troppo dei sacerdoti e se ne vedano solo i limiti umani. Ma sono contento di vedere tanti attestati di affetto verso di loro. Questo non vuol dire che sono perfetti. Sono orgoglioso dei miei sacerdoti. I trasferimenti da me effettuati in questi ultimi tempi non hanno motivi disciplinari, sono unicamente dettati dal desiderio di volere innescare quella che amo definire una circolazione dei carismi per il bene dei fedeli e delle comunità parrocchiali. Sono convinto che tutte le comunità devono poter beneficiare dei diversi carismi che il nostro presbiterio diocesano presenta. Non è bene però personalizzare il proprio rapporto col sacerdote. Il sacerdote è di tutti e per tutti. Egli è chiamato a partecipare alla preoccupazione del vescovo ovunque viene mandato a svolgere il suo ministero pastorale.Dopo il Vaticano II la figura del sacerdote sta molto cambiando. Nella diocesi al centro di tutto c’è il ministero del Vescovo con il suo presbiterio.Il vescovo svolge il suo ministero in collaborazione con i presbiteri. Ogni sacerdote è corresponsabile con il Vescovo nel servizio di tutta la diocesi. Il ministero del sacerdote non va considerato in termini di servizio alla ‘sua’ parrocchia, ma di servizio alla chiesa diocesana, anche quando opera direttamente in una parrocchia. Per questo tutti i sacerdoti sono chiamati a condividere l’azione pastorale comune, pur essendo ‘mandati’ dal Vescovo in una determinata comunità secondo le esigenze pastorali del momento. Il legame del sacerdote col Vescovo ha origine nel sacramento dell’ordine sacro.Non si tratta perciò di un legame basato su una esigenza organizzativa.
Devo ringraziare tutti i sacerdoti interessati al cambiamento per la loro prontezza nell’obbedire, senza frapporre alcuna resistenza. So anche che per una comunità che si è affezionata al sacerdote che da anni vi esercita il ministero,il cambiamento è motivo di sofferenza. Un parroco che parte è una prova per i parrocchiani che lascia, ma una gioia per la comunità che lo riceve. E, come in un corpo, tutti partecipano alla fatica o alla gioia di tutti. Ma nessuna comunità deve chiudersi nel proprio individualismo ed egoismo. In diocesi ci sono tante parrocchie in sofferenza, perché non possono avere un parroco a tempo pieno o stabilmente residente in parrocchia. Nel nostro tempocaratterizzato da una crisi vocazionale alquanto diffusa non c’è possibilità di avere un parroco per ogni parrocchia. In questa cattedrale nel preparare questo momento la comunità ha pregato per le vocazioni sacerdotali e religiose. Questo è molto bello. È altrettanto significativo che i fedeli siano educati a vedere il sacerdote come un ‘dono’ e non un diritto, un dono di Dio alla comunità. E se è vero che sul piano umano possono nascere dei legami spirituali e di affetto bisogna altresì avere il coraggio di ammettere che il sacerdote non è per me, ma per la comunità; non è esclusivamente per la mia comunità parrocchiale, ma per quella alla quale il Signore lo manda. Ogni sacerdote è un missionario. Amiamo di più i nostri sacerdoti quando vivono il loro ministero in spirito missionario. Del sacerdote hanno tutti bisogno. Soprattutto coloro che restano ai margini e neppure entrano in chiesa. C’è chi cammina bene ed ha bisogno solo di essere accompagnato;ma c’è anche chi cade ed ha bisogno di essere rialzato. Il Sacerdote è chiamato a portare il lieto annuncio della salvezza a tutti e specialmente a coloro che ancora non l’hanno ricevuto. Se teniamo presente questo, sapremo vivere con serenità e fede anche gli avvicendamenti nella guida delle comunità parrocchiali. Il parroco passa, il Signore solo resta, anzi il parrocopassa proprio perché solo il Signore resti.
Tra le diverse motivazioni che mi hanno indotto al cambiamento c’è anche l’intenzione di promuovere e favorire il lavoro in unità pastorale, in quella che chiamo “Comunità di parrocchie”. Non è possibile che parrocchie vicine vadano avanti ignorandosi o lavorando separatamente, senza collaborare tra loro. Una parrocchia chiusa in se stessa ed autoreferenziale non fa un buon servizio alla chiesa ed è destinata a fallire. Desidero che tra le parrocchie ci sia maggiore collaborazione e sinergia ed i sacerdoti devono trovare il coraggio di lavorare più insieme, di collaborarsi nelle attività pastorali. La collaborazione che ci si dà per la celebrazione della santa messa deve divenire uno stile pastorale. Questo orientamento è imposto non solo dalla diminuzione del numero dei sacerdoti, quanto dalla necessità di favorire una pastorale d’insieme, che va oltre i confini di una singola parrocchia, che risponde ad esigenze che spesso la singola parrocchia non è in grado di affrontare: ad esempio, la pastorale giovanile, quella universitaria, la pastorale familiare, la preparazione dei fidanzati, l’assistenza ai movimenti e alle associazioni ecclesiali, la pastorale sociale e quella scolastica.
Desidero consegnare a don Franco e ad ogni sacerdote che è chiamato a cambiare parrocchia, l’augurio di san Paolo ai Filippesi: “Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene”. Quanto la Chiesa affida ad un sacerdote è sempre un’opera concreta o in un servizio di amore,da compiere per il bene dei fedeli e della chiesa. Si tratta di gesti di accoglienza, di carità, di ascolto, di aiuto, di accompagnamento, di atti sacramentali. Ma il sacerdote è chiamato anche ad offrire parole di vita: l’annuncio del Vangelo, la Parola di verità. E’ essere ministri del Vangelo, testimoni gioiosi dell’esperienza cristiana, veri imitatori di Cristo. La cosa più bella che un sacerdote può offrire resta sempre la testimonianza di una vita evangelica distaccata dalla ricerca del denaro, delle comodità e di tutto quanto può offendere la povertà e semplicità della nostra gente,
Ringrazio don Franco per il servizio svolto a favore della Diocesi in questa chiesa cattedrale. In condizioni spesso difficili. Grande è stata la sua attenzione per questa chiesa e per la comunità di S. Maria del Mastro. Questa chiesa ha problemi anche sul piano strutturale ed ha bisogno di restauri. Sono certo che tutti saprete prendere a cuore e collaborare nella sua opera di restauro, che dovremo appena possibile iniziare. Il servizio pastorale di don Franco non finisce qui. Mi aspetto da lui ancora tanta passione nel guidare le comunità parrocchiali di Gerace, di saper prestare tanta cura e attenzione all’arte e alla storia che quelle parrocchie conservano. Troverà una comunità pronta ad amarlo ed a collaborare.
Insieme a don Franco ringrazio tutti i presbiteri presenti, specialmente coloro che hanno accolto l’invito ad assumere un nuovo incarico. Lo hanno fatto con gioia e non solo in spirito di obbedienza.
A tutti – presbiteri, diaconi e fedeli – chiedo di disporsi con vivo senso di fede e di Chiesa a vedere in questi cambiamenti una chiamata del Signore a una dedizione ancora più grande, perché le nostre comunità possano svolgere con rinnovata passione e nella comunione della Chiesa diocesana la loro missione per la diffusione del Vangelo.