Sabato 9 novembre 2024 si celebra la Giornata diocesana di Preghiera per la Cura del Creato. Papa Francesco nel suo messaggio Spera e agisci con il creato, indirizzato in occasione della Giornata Mondiale del 1º settembre, invita a riflettere sulla cura del creato. Un richiamo tanto necessario in un tempo in cui l’uomo sembra poter dominare il mondo senza limiti, contando su una tecnologia sempre più sofisticata. Il potere dell’uomo è aumentato enormemente in pochi decenni. Sono stati compiuti progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci si rende conto dei gravi rischi che incombono sulla vita di molti esseri e sulla nostra stessa sopravvivenza (Laudate Deum, 28). Il potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro stessa umanità.
In questo contesto, ci chiediamo: cosa vuol dire sperare e agire con il creato?
Vuol dire anzitutto riconoscere la stretta connessione esistente tra l’uomo e il creato: da essa dipende il futuro e la vita. L’uomo, creato da Dio, è posto in un giardino da abitare e condividere, da custodire e curare. Immerso nel creato e grazie a esso, è chiamato a prendersene cura, a esserne custode e non a comportarsi da padrone.
Le sorti del creato ci coinvolgono e alimentano la nostra speranza. Purtroppo, troppo spesso, il creato è maltrattato: sono tante le ingiustizie, le guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente e devastano la madre terra. Aumentano sempre più fenomeni estremi attribuiti alla crisi climatica. Ma chi ha provocato o quantomeno contribuito a questa crisi? Non potrebbero esserci dietro tanti abusi e comportamenti violenti dell’uomo?
La crisi climatica che sta mettendo in ginocchio l’umanità intera è una chiara drammatica provocazione alla nostra umanità. Quando il Creato soffre, anche noi soffriamo; quando tra gli uomini c’è disarmonia, soffre l’intera creazione. Come afferma San Paolo, “tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi” (Romani 8, 22), geme e anela impazientemente sino a quando non viene superata la condizione presente.
È un tempo, il nostro, che richiama alla responsabilità del vivere e abitare la casa comune. Un tempo che necessita della conversione di tanti stili di vita, che provocano il degrado dell’ambiente. Questa conversione esige l’urgenza di “vincere l’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare, – passando all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato”. Tutto questo è necessario com’è necessario che l’uomo non dimentichi il suo compito di custode del creato. Come afferma Papa Francesco nel suo messaggio, “un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso” (Laudate Deum, 73). Rinnova il peccato originario di superbia, quello di Adamo, che ha distrutto le relazioni umane fondamentali: quella con Dio, con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo. E pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria, che solo l’amore può vincere. Solo l’amore è capace di redimere l’uomo e il mondo intero. È vero quanto affermato da Benedetto XVI: “Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore” (Lettera enciclica Spe salvi, 26), l’amore di Dio, da cui niente e nessuno potrà mai separarci (confronta Rm 8, 38-39).
Sperare e agire con il creato significa allora unire le forze, camminando insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ma anche “ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti”. Per il credente è vivere una fede incarnata, che sappia entrare “nella carne sofferente e speranzosa della gente” di oggi come anche nelle ferite della natura provocate dall’uomo stesso. È questa la fede che riaccende la speranza, generando opere nuove per il bene di tutto il creato.
La comunità credente non può restare indifferente di fronte ai tanti problemi che mettono a rischio il futuro dell’umanità. Alla preghiera deve unire comportamenti di cura e di custodia. Con lo sguardo rivolto al cielo, sempre attenta alle proprie responsabilità nei confronti della casa comune.