“Cercate di essere veramente giusti”
Il nostro non è solo un incontro di preghiera che invoca dal Signore quanto desidera (l’unità) quanto invece un fare esperienza concreta di unità con questo stare insieme pregando. Siamo in tanti. Un’unità di diversi: storie e volti diversi, fedi diverse, attese e speranza proprie di ciascuno, problemi diversi che ognuno si porta dentro, ma tutti uniti in Cristo che accogliamo come nostro amico e maestro di vita. E’ una diversità che si esprime anche nel coro ‘ecumenico’, che anima la nostra preghiera cantando: voci diverse, persone diverse, una varietà che sono ricchezza corale.
Il tema della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è “Cercate di essere veramente giusti” (Deuteronomio 16,18-20). Un riferimento alla giustizia posta a fondamento dell’unità. Non possiamo pensare di costruire unità senza giustizia. Giusto è quanto Dio ha pensato secondo il suo progetto creativo. Anche nella vita cristiana sono sorte ingiustizie sin dall’inizio. Gesù lo aveva previsto quando ha invitato i discepoli a pregare per l’unità: “Ut unum sint” (Gv 17,23). Ingiustizia nella comunità dei credenti in Cristo sono le divisioni: Gesù aveva pensato e voluto ‘una’ Chiesa. In questo senso, la divisione è una grande ferita, contraria alla volontà del Signore. Essa danneggia la Chiesa e lo stesso annuncio principale del Vangelo. Pertanto, ritrovare l’unità vuol dire superare anzitutto l’ingiustizia della divisione, vivere l’unità nella diversità e nella giustizia. Unità non è omologazione dei diversi, ma accoglienza del diverso, nel rispetto attraverso il dialogo. Accogliere l’altro, il diverso come una ricchezza, non come un impoverimento. L’accoglienza del diverso non è mai impoverimento, come spesso è dato pensare nel contesto attuale europeo. L’Europa è un Continente che ha la sua unità nella pluralità delle culture che esistono al suo interno. In Europa sono tante le culture ed i migranti di origini diverse che bussano alle sue porte a causa di guerre e povertà. E’ una grande sfida per l’Europa e non solo quella dell’immigrazione. Un problema che è possibile risolvere soltanto con una più grande solidarietà tra i differenti Paesi. E quanto è ancora da costruire. Non è possibile immaginare che la difficoltà di accogliere il migrante costituisce anche la difficoltà e una ragione della crisi dell’Europa. I cristiani accolgono perché credono in Dio. Dio non è soltanto il Dio dei cristiani, ma è Dio per tutti gli esseri umani. Come è scritto nel Vangelo di Matteo al capitolo 25, Gesù è in tutti coloro che sono malati, che soffrono, che sono bisognosi. Aiutare chi è fuggito da Paesi lontani è, per noi cristiani, andare incontro a Cristo presente in loro. C’è una reale presenza di Gesù Cristo nei poveri, nei bisognosi. Se crediamo che Cristo è presente in questo mondo, dobbiamo vedere la sua presenza in queste persone.
La meta ultima del movimento ecumenico è la piena comunione delle Chiese. Ma esistono però livelli diversi di comunione. Non escludere la necessità dei piccoli passi, di quei frammenti di unità che lasciano intravedere la pienezza di comunione che si ha solo in Dio alla fine della storia, nel paradiso. All’origine di ogni gesto di comunione non c’è solo il nostro sforzo umano ma l’azione dello Spirito Santo: è Lui il ‘ministro ecumenico’. Noi ne siamo solo fragili strumenti. Ma facciamo parte di un’unica famiglia dei figli di Dio. E formando questa famiglia, non possiamo non sederci alla stessa mensa. Il contrario, lo scartare dalla mensa taluni per privilegiarne altri costituisce la grande ferita, che non ci fa star bene. Mettiamoci in cammino sapendo che per ritrovare l’unità è necessario del tempo, si richiede un lungo cammino. Ma cominciamo con l’impegno concreto nella reciproca conoscenza. Conosciamoci per ricercare ciò che ci unisce. Sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci separano. Lavorare in questa direzione, facendo piccoli passi, conoscendosi per scoprire la verità che c’è in ciascuno. Ma occorre fare ecumenismo tutto l’anno, non una settimana all’anno. Attraverso piccoli passi, piccoli gesti di condivisione nel rispetto e nella reciproca accoglienza. Mettere in comune e condividere le tante attività di solidarietà e carità che già abbiamo in comune. La bontà di un’attività è in sé e non dipende dalle appartenenze. Come cristiani dobbiamo uscire fuori dalle nostre chiese, soprattutto in questo tempo di secolarizzazione. Il mondo ha bisogno della Parola, ha bisogno di Gesù. La missione evangelica ci unisce in un impegno di testimonianza che non deve essere compromesso dalle divisioni, purtroppo gravi, che la storia ci ha trasmesso. Camminiamo nel rispetto reciproco, preghiamo, collaboriamo, lasciando che lo Spirito operi in noi. Solo così, pur nella diversità, sapremo muoverci verso lo stesso orizzonte. Amen.