Locri, 29 luglio 2017
Carissimi confratelli nel sacerdozio,
A Briatico, in una pausa di silenzio, durante gli esercizi spirituali, il mio pensiero, grato ed affettuoso, andava a ciascuno di voi. Pensavo al nostro essere “servitore per amore di Gesù”. Mi colpiva un passaggio del Sussidio della CEI sul rinnovamento del clero “lievito di fraternità”: “La comune appartenenza al sacramento dell’ordine – perno e ragione del crescere insieme in comunione di fede e di opere – è la condizione, che, mentre manifesta il Vangelo di Gesù, sostiene la dedizione generosa agli altri“. Il testo richiamava un passo molto bello della Lumen Gentium: “L’ordinazione e la missione rendono i sacerdoti fra loro legati da un’intima fraternità che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità” (LG 28). Pensavo a questo come al vero itinerario spirituale, che ci rende gioiosi e per il quale molto possiamo e dobbiamo lavorare.
Quella pausa di silenzio e di raccoglimento mi faceva vedere quanto sia bello (e necessario) ritrovarsi come presbiterio diocesano, in intimità col Signore. Pensavo che “la solitudine più insidiosa per un prete non sta nel fatto che, una volta chiusa la porta della canonica, non trovi nessuno accanto, quanto piuttosto nella mancanza di comunicazione con i confratelli” (Lievito di fraternità, 3). E’ la relazione e la comunicazione tra i confratelli, unitamente alla preghiera, che realizza l’unità del presbiterio. Da parte mia, vedo tanti segnali che esprimono questa volontà ed il desiderio di camminare insieme, di rialzarsi, di perdonarsi, di ricucire le ferite dei propri errori, di sostenere il confratello, di essere accanto alla gente con le sue fragilità e sofferenze, vicini ai ragazzi, alle famiglie, ai malati a casa e all’ospedale, solidali con i poveri, liberi dalle cose e da se stessi.
A pochi giorni di distanza dalla solenne celebrazione nella Concattedrale di Gerace, ringrazio tutti voi, che avete pregato con me ed imposto le mani sugli ordinandi sacerdoti. Molti fedeli hanno apprezzato e gustato la bellezza di questo gesto. Sono momenti che alimentano la nostra fraternità. Senza la quale viene a cadere il nostro essere presbiteri. La fraternità dà gioia e sapore al nostro essere sacerdoti: ci santifichiamo, quando sentiamo la fatica di ricucire strappi, riannodare legami, dimenticare torti; quando comprendiamo che “è più importante essere a servizio della comunione e viverne l’unità che spendersi da soli in un attivismo convulso“. Il primo dono che come presbiteri possiamo offrire alle comunità cristiane (e che esse si aspettano da noi) è proprio la testimonianza di una fraternità concretamente vissuta.
Noto nella più parte di voi, confratelli Sacerdoti, il desiderio di camminare in questa direzione. È un cammino che percorriamo, quando ci sforziamo concretamente di avere carità gli uni verso gli altri, quando l’umiltà, la totale disponibilità e volontà di seguire il Signore, servendo la Chiesa, ci fanno vincere la tentazione di distinguere tra ministeri ritenuti più importanti e meno importanti e quindi da non cercare. La vera spiritualità sacerdotale porta con sè la passione del servire, senza desiderare – né tanto meno scegliere – il ‘dove’ e il ‘come’, un servizio reso “per la gioia di servire il Signore e, nel Signore, i fratelli” (Il lievito di fraternità, 3). Lasciamoci guidare dal desiderio di essere al servizio della chiesa, mai di servirci di essa.
A riguardo non sento di dover rimproverare alcuno. Ho incontrato tanta disponibilità di fronte alla proposta di trasferimento una volta scaduto il termine dei nove anni. Tanti hanno accettato il cambiamento. Ed hanno portato freschezza e novità nelle comunità. Con grande giovamento anche personale. Li ringrazio. La scelta del rinnovamento è per me imprescindibile. Continuo a seguirla, nel rispetto di tutti e delle stesse comunità. Il darsi e seguire delle regole senza privilegi e corsie preferenziali ci fa sentire uguali e rispetta la dignità di ciascuno. Nessuno accetterebbe trattamenti di favore e particolarità: le preferenze di persona fanno male a tutti. E soprattutto non giovano alla comunione sacerdotale.
Tra i nuovi percorsi che desideriamo fare nostri v’è l’istituzione delle comunità di parrocchie: il progetto che entra in vigore dal prossimo settembre diviene una novità all’insegna della sinodalita’, della corresponsabilità e del lavorare insieme. Nasce da un discernimento condiviso anche in consiglio presbiterale. Certo, non mancheranno le difficoltà. Non poche dovute ad un retaggio storico che ha portato l’organizzazione pastorale ad arroccarsi entro angusti confini all’ombra del campanile. Personalmente sono convinto che, se vissute con la disponibilità a mettere da parte i soliti soggettivismi ed individualismi, le comunità di parrocchie, e con esse ogni altra forma di collaborazione pastorale, “permettono di unire e quindi di moltiplicare le forze e costituiscono una grande opportunità per assicurare alla chiesa un volto sinodale e missionario” (Lievito di fraternità, 3).
Le ordinazioni sacerdotali di Antonio, di Gianluca e di Lorenzo sono state per la nostra chiesa come una nuova Pentecoste, una primavera vocazionale che ci ha fatto ringraziare il Signore e lodarlo per l’impegno di tanti sacerdoti che hanno accompagnato il loro cammino. Ringraziando il Signore per il lavoro svolto in particolare dalle équipe formative dei seminari di Catanzaro e di Reggio Calabria, pensavo a tutti voi, carissimi confratelli Sacerdoti. E v’invitavo ad accogliere i novelli presbiteri con la benevolenza di un padre e di una madre, ad aiutarli ad inserirsi nel presbiterio e nello svolgimento del compito che il Signore affida loro. L’imposizione delle mani su di loro esprimeva da una parte l’effusione dello Spirito e dall’altra era un segno sacramentale di accoglienza. Ciascuno con quel gesto e con l’abbraccio della pace introduceva l’ordinando nella fraternità presbiterale. Non sentiamoci paghi di quel momento. Pensiamo alla storia vocazionale di ciascuno di noi, al ruolo svolto nella scelta vocazionale dal nostro parroco o da un altro sacerdote. Conserviamo la memoria e l’esempio di tanti bravi parroci, che sono stati per noi veri padri nella fede. Ce ne sono ancora nel nostro presbiterio. Non ci mancano le testimonianze di sacerdoti, bravi e preparati, capaci di affrontare le sfide del nostro tempo, attenti a promuovere “una pastorale della prossimità”. Una pastorale che esige un sano equilibrio tra preghiera e ministero, per non essere “esposti all’urgenza del momento”, pronti “a reagire alle richieste che strattonano maggiormente, trascurando altre attività e lo stesso rapporto con i confratelli” (Lievito di fraternità, 4). Ne sono orgoglioso e ringrazio Dio.
Nel cammino che ci attende, nel contesto della nuova evangelizzazione, chiedo di prestare attenzione particolare ai cresimandi adulti. Nell’amministrare il sacramento della cresima, ho avuto modo di notare che molti cresimandi si accostavano ad esso più per un atto richiesto per altre finalità che per vera convinzione di fede. Mi sono allora chiesto come l’amministrazione di tale sacramento possa diventare occasione di evangelizzazione. Confrontandomi con tanti di voi e discutendone in consiglio presbiterale, ho riscontrato una convergenza sull’importanza della cresima nel cammino di riscoperta della fede. Ho pensato per questo di offrire nuove indicazioni ed orientamenti sulla preparazione della cresima degli adulti. Dopo aver ascoltato il consiglio presbiterale, desidero entrino in vigore la prima domenica di Avvento. So che occorre un supplemento di entusiasmo apostolico in questo servizio. Ma ogni proposta formativa “al ribasso” non giova a nessuno.
Anche se non era mia intenzione entrare in problematiche o approfondimenti pastorali, spero di essere riuscito ad esprimere alcuni sentimenti che mi stavano più a cuore: il ringraziamento per l’affetto dimostratomi in questi tre anni e la riconoscenza per il vostro impegno pastorale. So del vostro amore per la chiesa diocesana non perché è la migliore e senza macchia e limiti umani, ma semplicemente perché è la sposa di Cristo e la comunità che vi ha accolti e generati e che voi avete scelto di amare e servire. Restate in essa con il cuore, lo stile e le virtù del pastore. Ma non dimenticate che il vostro ministero non si gioca nel chiuso del tempio o della canonica, ma in mezzo alla vita delle persone. Più che le belle parole contano i piccoli gesti quotidiani, il modo di porsi e di rapportarsi. Più che gli atteggiamenti rancorosi, la mitezza che delegittima ogni divisione.
Desidero infine richiamare l’attenzione su due percorsi per me importanti: la formazione e le iniziative diocesane. La formazione sia quella personale che dei fedeli dà qualità e sostanza al cammino della nostra chiesa. Sulla nostra formazione permanente torneremo successivamente, presentando l’itinerario annuale.
Mi sembra necessario invitare a prestare più attenzione anche alla formazione dei laici. Mi attendo una maggiore sensibilizzazione alla partecipazione alle attività diocesane da parte delle parrocchie (spesso non ci si degna neanche di farne cenno e lo stesso materiale informativo viene facilmente cestinato!). Ricordiamoci che il nostro impegno non può esaurirsi nelle attività ‘parrocchiali’. E comunque tutte le proposte a livello diocesano sono offerte formative ad integrazione e completamento di quelle parrocchiali. Esse possono essere esperienze significative che aiutano noi ed i fedeli a vivere il senso di appartenenza alla chiesa diocesana e ad avere un più ampio respiro. Un più ampio respiro sul piano della formazione e creatività nella ricerca di nuovi stili di vita, di esperienze positive che ci fanno cogliere la bellezza dell’essere con Cristo.
Ci accompagni la Vergine Madre.
A te, o Maria, madre di ogni sacerdote,
che sulla croce accogliesti tra le braccia il tuo figlio,
Sacerdote eterno e maestro di bontà,
affidiamo il nostro ministero,
con le sue fatiche e speranze, i suoi dubbi ed incertezze.
L’eredità di amore di Gesù appassioni il nostro cammino,
Madre sempre vicina ad ogni uomo,
che hai conservato in cuore i pensieri ed i progetti del tuo figlio
Accompagnaci,
insegnaci a seguirlo più da vicino,
a donare tutto come Lui
sull’altare della vita.
Il tuo sguardo materno
attento e premuroso
rasserena i nostri giorni
con la tenerezza e la bontà della madre.
Rendici lievito di fraternità e modello di santità,
costruttori di comunità e strumenti di tenerezza.
Con la gioia del vangelo nel cuore e nella vita,
aiutaci ad essere profezia di fraternità, veri amici di Gesù,
profondamenti liberi sui sentieri dell’umanità. Amen