Omelia del Vescovo Mons. Francesco Oliva
alla professione monastica di Sr maria Immacolata Castagna
Siderno, 9 Agosto 2016
Carissimi fratelli e sorelle,
Carissima sorella Maria Immacolata,
se nulla accade per caso nella vita, anche questo giorno rientra in un progetto pensato e voluto dal Signore. Oggi 9 agosto giorno della professione monastica di suor Maria Immacolata è giorno anniversario di quel 9 agosto 1942, quando nel campo di sterminio di Auschwitz tra le tante vittime dell’orrore nazista trovarono la morte nella camera a gas due sorelle ebree: Edith e Rosa Stein. Quando vennero arrestate nel loro convento carmelitano, Edith disse alla sorella: “Vieni, andiamo a immolarci per il nostro popolo”.
Edith Stein: donna ebrea, filosofa, cattolica convertita, suora, martire, vide la luce a Breslavia il 12 ottobre 1891, nella festa del Kippur, grande festa in cui gli ebrei chiedono perdono a Dio delle loro colpe con la preghiera ed il digiuno. Era di intelligenza brillante. Compì i suoi studi con ottimi risultati. All’università di Gottinga diventò assistente del filosofo Husserl. Un filosofo che inculcava ai suoi allievi di “andare alle cose e a domandare loro ciò che dicono di se stesse, per ottenere certezze, che non risultino minimamente da teorie preconcette e da pregiudizi non sottoposti a verifica”. Husserl dirà della sua assistente: “In Edith Stein c’è sempre stato qualcosa di assoluto, e insieme un inespresso desiderio di martirio”. Possiamo dire che il filosofo con poche parole aveva inquadrato bene lo “stato d’animo” dell’allieva. Ciò che ha profondamente caratterizzato l’esperienza umana e culturale di Edith è stato “il dono di amare incondizionatamente il reale ed il dono santificante di amare la verità” (M. Z. Lanzillo).
La ricerca della verità! La ricerca della verità fino alla Verità che troverà in Gesù Cristo l’accompagnerà sempre per tutta la vita. Ecco il percorso spirituale e culturale di Edith Stein. Lo studio per lei era preghiera, perché era ricerca di Dio. E Dio per lei era Amore e Verità. Lei stessa lo affermava: “Dio è verità e chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no”. Questo amore alla verità e ricerca della verità la farà passare dal suo primo maestro Husserl al secondo, san Tommaso d’Aquino: dallo sguardo sulle cose alla riflessione sull’essere in generale, e sull’Essere che è il fondamento di tutto l’essere e di ogni essere. Questo Essere Edith Stein l’ha trovato nel Dio Trinità d’Amore, come rivelato da Gesù Cristo. In Lei l’amore alla Verità diventa amore di Dio, amore della Trinità. Il suo itinerario spirituale di conversione ha seguito un percorso che lei stessa ci racconta e che è bene ricordare. All’età di 12 anni aveva abbandonato la fede, “per affermarsi come un essere autonomo”. A 21 anni si era detta agnostica: “Mi sento incapace di credere all’esistenza di Dio”. Tutto cambia dopo l’incontro con il filosofo R. Husserl, che a trent’anni la porterà alla conversione al cattolicesimo.
Tre “esperienze” sono state determinanti per Edith Stein, che prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. La prima fu la visita ad Anne Reinach, la giovane vedova di un collega filosofo morto in guerra. Invitata a casa dalla sua amica, Edith si aspettava una donna in preda alla disperazione per una perdita così grave. Trovò invece una donna addolorata sì, ma serena. Anne era sostenuta dalla fede. Edith scriverà: “Fu il mio primo incontro con la Croce, la mia prima esperienza della forza divina che dalla Croce emana e si comunica a quelli che l’abbracciano…”. La seconda. Duomo di Friburgo con un gruppo di amici. Mentre sostavano in silenzio, entrò una donna con la borsa della spesa. S’inginocchiò per una breve preghiera: “Per me – scrisse Edith – si trattava di una cosa assolutamente nuova. Nelle sinagoghe o nelle chiese protestanti che avevo visitato, si andava solo per il servizio divino. Qui invece si veniva nella chiesa vuota, in mezzo alle quotidiane occupazioni di un giorno di lavoro, come per un intimo colloquio. È una cosa che non ho potuto dimenticare”. La terza. In casa di amici, estate 1921. Una sera si recò alla biblioteca: “Senza scegliere, racconta lei stessa, presi il primo libro che mi capitò sotto mano: era un grosso volume che portava il titolo «Vita di S. Teresa scritta da lei medesima». Ne cominciai la lettura e ne rimasi talmente presa che non l’interruppi fino alla fine. Quando lo chiusi, dovetti confessare a me stessa: “Questa è la verità”. Un mese dopo ricevette il battesimo, diventando cattolica.
Ma sarà solo nel 1933 che Edith entrerà nel Carmelo di Colonia, scegliendo il nome di Teresa Benedetta e come cognome “della Croce”. Edith aveva trovato quella Verità che tanto cercava e che riassumerà nelle parole: “Gesù Cristo è il centro della mia vita”. Gesù Cristo, e questo Crocifisso, il Signore della gloria che ci salva nella sofferenza, nel dolore, nell’obbrobrio della Croce. Ma non una sofferenza sopportata e bestemmiata, maledetta e respinta, ma accettata, trasformata, che diventa strumento di amore riparatore e redentivo. Scriverà nel 1938 quando già si respirava l’odio antisemita: “La sofferenza riparatrice, accettata volontariamente, è ciò che in realtà più profondamente unisce al Signore”. E la Croce rimarrà sempre il tratto distintivo non solo del suo cammino spirituale, ma anche della sua riflessione filosofica e teologica. “Cristo è la potenza di Dio, la sapienza di Dio… precisamente perché Crocifisso”, vita donata, offerta al Padre. Quindi, “la croce non fine a se stessa… è l’arma potente di Cristo”, come scriverà nella sua opera “Scientia Crucis”. Quella croce che passa attraverso il Getsemani, che è “il momento dell’abbandono, della notte mortale. Ma è anche il momento della verità, perché Amore, Croce e Verità sono i tre volti di Cristo e dell’esperienza cristiana”. Rileggendo l’esperienza di Suor Teresa Benedetta della Croce, possiamo dire con le parole di Claudio Sorgi che “l’amore senza verità e la verità senza amore sono la negazione totale della verità… Ma l’amore passa – come è passato Cristo – inevitabilmente attraverso il Getsemani e la Croce”. Questo amore che rappresenta il cuore dell’esperienza di Edith Stein si spiega solo alla luce dell’incontro con lo Sposo, cercato e trovato.
Carissima madre Maria Immacolata,
è il Signore che ti ha cercato e tu ti sei lasciata trovata. E’ Lui che ti ha amato per prima e tu ti sei lasciata amare. Lo ricorda il profeta Osea nella prima lettura: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore». E’ Dio che sceglie il suo popolo, che sceglie la creatura per farne la sua sposa. Da questa chiamata ha origine una storia d’amore “per sempre”. Il «per sempre» è un’apertura all’eterno, un qualcosa di sorprendente che passa sopra tutti i possibili alti e bassi del rapporto umano. Gli “alti e bassi”, che pur bisogna mettere in conto in ogni relazione umana, trovano nella gratuità dell’amore di Dio un una garanzia di fedeltà. Sei chiamata ad entrare in una sempre più grande fiducia in Lui, lasciandoti illuminare e condurre da Lui sul retto sentiero. Prima che tu lo cercassi, Dio ti ha amata. La tua risposta deve portarti ad essere nel cuore della Chiesa e per tutti un segno della misericordia di Cristo, per quanto fragile e debole. Sei chiamata a condividere i doni che il Signore ti ha fatto. Tutto hai ricevuto da lui. Come potresti tenere per te questo tesoro? La Chiesa ti chiede di condividere con coloro che incontri la tua sete di Dio, il tuo bisogno di lui, di abbandonarti gioiosamente nelle mani della divina Provvidenza, di accogliere, come una vergine saggia e prudente, la venuta dello Sposo. La tua vita deve svolgersi in un costante rapporto di amicizia con Lui. Tutto questo ti appartiene nella misura in cui sarai pura di cuore e saprai rispondere all’amore nuziale di Cristo per la Chiesa, sua sposa. Sii una donna con le lampade accese. Gesù t’invita ad esserlo, per essere capace di “rischiarare” le tante “notti” della vita. Una lampada, quella della fede, che devi aver cura di alimentare con la preghiera e le azioni. A te, ma anche a tutti noi, Gesù chiede di restare in attesa della sua venuta, a restare sempre sveglia in modo da aprirgli quando bussa alla porta. Sii sempre serva in attesa del Signore. Per te come per tutti risuona la beatitudine: “Beati quei servi che il Signore al suo arrivo troverà vigilanti”, cioè beati coloro che, avendo come proprio tesoro il Signore, saranno in attesa di trovarlo e sapranno incontrarlo alla sua venuta, a qualunque ora arrivi.
Carissima sorella Maria Immacolata, rendi la tua vita un vegliare. Il Signore non si stanca di bussare alla tua porta e vuole entrare nella tua vita. Non per farne oggetto di possesso, ma per rendere la tua vita TOTALMENTE libera di fronte alle insidie del mondo. Fuggi ogni tentazione di sonnambulismo spirituale, e tieni sempre gli occhi aperti: la stanchezza del giorno, il lavoro, la monotonia del quotidiano non appesantiscano mai il tuo vegliare nella preghiera. In questo cammino, puoi contare, più che sulle tue forze, sulla misericordia e la fedeltà di Dio. Egli ti ha chiamata e non deluderà la tua speranza, ti renderà forte e salda e ti difenderà dal maligno. Quando la stanchezza e la tentazione della solitudine ti prendono, ricorda quello che scrive per te e per tutti santa Teresa Benedetta della Croce: “Chi appartiene a Cristo deve vivere intera la vita di Cristo: deve raggiungere la maturità di Cristo, deve finalmente incamminarsi per la via della Croce...”. “Sei sposa di Cristo: a Cristo dunque presenti mente, cuore, corpo, vita, tutto. Sei sposa di Cristo: a Cristo devi rassomigliare nella pratica dell’umiltà, dell’obbedienza e del sacrificio” (Beato F. Spinelli).
E questo per sempre. Un “per sempre” che è una ricchezza per te, per la Chiesa, per tutti. Una vera risorsa che rende più bella la nostra chiesa!